Chi era Giacomo Puccini…
Giacomo Puccini (Lucca, 22 dicembre 1858 – Bruxelles, 29 novembre 1924) è stato un compositore italiano, considerato uno dei maggiori e più significativi operisti della storia musicale.
Le sue prime composizioni erano radicate nella tradizione dell’opera italiana del tardo XIX secolo. Tuttavia, successivamente, Puccini sviluppò con successo il suo lavoro in una direzione personale, includendo alcuni temi propri del Verismo musicale, un certo gusto per l’esotismo e studiando l’opera di Richard Wagner sia sotto il profilo armonico che orchestrale e per l’uso della tecnica del leitmotiv. Ricevette la formazione musicale presso il conservatorio di Milano, sotto la guida di maestri come Antonio Bazzini e Amilcare Ponchielli, dove fece amicizia con Pietro Mascagni.
Le opere più famose di Puccini, considerate di repertorio per i maggiori teatri del mondo, sono La bohème (1896), Tosca (1900), Madama Butterfly (1904) e Turandot (1926). Di quest’ultima, il compositore non riuscì a completare la partitura, poiché si spense stroncato da un tumore alla gola poco prima di terminare le ultime pagine (il Maestro era un forte fumatore). L’opera fu poi completata con finali diversi: quello di Franco Alfano (il primo, coevo alla prima assoluta ed ancor oggi più eseguito); successivamente nel XXI secolo per opera di Luciano Berio, abbastanza rappresentato. Non mancano altre proposte e studi di nuovi completamenti.
Da Lucca l’eco di una musica classica…
Da Lucca, dove nacque e si formò, la sua musica si è diffusa in tutto il mondo. Oggi Giacomo Puccini richiama nella sua città appassionati da ogni parte del mondo, interessati alla sua vita e affascinati dalla sua musica.
Nella lucchesia le sue case, i suoi strumenti musicali, gli oggetti, le atmosfere, i sapori e i colori che gli erano cari e che ispirarono la sua creatività e la sua fantasia si ritrovano in molti angoli del territorio. Dai paesi immersi nei boschi della Valle del Serchio, al centro storico di Lucca, alle generose colline della lucchesia, alle luminose coste della Versilia.
Molte istituzioni pubbliche e private conservano la memoria del Maestro, per altrettante tappe di un itinerario che collega i diversi luoghi pucciniani.
Un suggestivo itinerario consente di conoscere il territorio da un punto di vista del tutto particolare con il sottofondo delle arie delle sue composizioni e Opere più note.
Le arie della Madame Butterfly composte al pianoforte custodito nella casa degli avi di Celle di Pescaglia, dove la famiglia ebbe origine.
Un´antica casa del XVI secolo al centro del paese appartenuta agli avi di Giacomo Puccini. Grazie alla generosità delle figlie di Ramelde, sorella prediletta di Giacomo, che donarono molti e preziosi cimeli, l’antica dimora è oggi un ricco museo: foto, lettere, ritratti, spartiti musicali, libretti d´opera, locandine, il fonografo donato da Edison, e il pianoforte, appunto, su cui fu composta parte della “Madame Butterfly”.
Tosca, La Fanciulla del West, La Rondine, Il Trittico e La Turandot, le voci altere o innamorate delle “sue donne” riecheggiano nella casa del Lago di Massaciuccoli, quel “grande bozzo” che gli fu tanto caro per la tranquillità e le atmosfere così brillanti che ispiravano il suo lavoro. La villa sul lago racconta un uomo curioso, creativo, dalla raffinata sensibilità artistica accompagnata ad una spiccata passione per la vita che si traduceva in frequenti escursioni sul lago su piccole imbarcazioni o con il moderno motoscafo di cui andava orgoglioso, in ricche cene in compagnia degli amici al club la Boheme o alla villa Ginori Lisci, in pomeriggi passati ai caffè alla moda di Viareggio, sulla passeggiata liberty di inizi ‘900.
Forse non sapevate questo di Giacomo Puccini…
1. La passione per le automobili
Oltre alla musica Puccini aveva una grande passione: le automobili. Ne ha acquistate 14, tra cui una meravigliosa Isotta Fraschini e alcune Fiat. Nella foto del 1902 è a bordo di una De Dion Bouton di 5 cavalli. Macchine molto belle e sicuramente costose che non gli permettevano però di andare fuori strada, cosa che amava fare durante le sue battute di caccia. Così chiese a Vincenzo Lancia di creare appositamente per lui un’automobile con telaio rinforzato e ruote adatte. Una sorta di primo suv. Gli costò 35 mila lire, l’equivalente di circa 150 mila euro di adesso. Il 25 febbraio del 1903 a bordo di una delle sue automobili, una Clement Bayard, insieme con la moglie Elvira e il figlio Antonio, fece un brutto incidente stradale di ritorno da Lucca a Torre del Lago, dove viveva. L’auto finì in un fosso e Puccini si ruppe una gamba, rallentando per diversi mesi la stesura della Madama Butterfly.
2. Non solo auto ma anche case, barche e yacht
Puccini era un vero e proprio “spendaccione”. Oltre alle 14 automobili acquistò sei case, cinque barche a motore e un costoso yacht che chiamò Cio-Cio-San che è il nome della geisha protagonista di Madama Butterfly. La ricchezza arrivò proprio grazie al successo delle sue opere composte per lo più nella pace di Torre del Lago, piccola località di cui si innamorò subito dopo aver trascorso lì un periodo di villeggiatura. Comprò così l’antica torre, da cui prende il nome il paese, e la trasformò in una dimora dotata di tutte le modernità dell’epoca: elettricità, telefono, termosifoni centralizzati. Davanti alla cancellata della sua villa aveva una piccola rimessa proprio per le barche. Pescatori e cacciatori erano compagni abituali del maestro.
3. La povertà
Automobili, case, barche, yacht. Puccini nella sua vita ha sostenuto spese elevate per soddisfare le sue passioni. E forse fu anche una reazione alla povertà e alle ristrettezze patite in gioventù. Non nacque infatti in una famiglia benestante, tutt’altro. Rimasto presto orfano di padre, da cui ricevette i primi insegnamenti musicali, in una lettera alla madre quando aveva poco più che 20 anni, si lamenta di non potersi permettere un abbonamento alla Scala che allora costava 130 lire, circa 600 euro di oggi. Proprio lui. E ancora in un’altra lettera le scrive: “Ho da pagare 15 giorni di pensione e se vengo a Lucca mi ci vogliono 20 lire per riscattare l’orologio e lo spillo che sono… a respirare aria di monte” (con riferimento al monte di pietà dove aveva dato come pegno un orologio e una spilla). Così nel 1876, quando aveva solo diciotto anni, fece a piedi da Lucca a Pisa insieme con gli amici per andare a vedere l’Aida non potendosi permettere né un biglietto del treno né tantomeno una carrozza. L’opera di Verdi fu per lui una vera e propria folgorazione e in quel momento capì che quella sarebbe stata la sua strada. “Il Dio santo mi toccò col dito mignolo e mi disse: “Scrivi per il teatro, bada bene, solo per il teatro’. E ho seguito il Supremo consiglio” racconta in una lettera.
4. Un maestro buono e generoso
Puccini era un uomo buono ed estremamente generoso. Così si lamentava di non poter aiutare la sorella rimasta vedova dopo appena sei anni di matrimonio: “E’ morto Alberto Marsili e la povera Ninetti è rimasta in miseria completa. Poverina! Almeno fossi in grado di aiutarla! Ma colla bolletta che tira è già un miracolo che sbarco il lunario. Sono stufo di lottare contro la miseria, sempre!”. Smetterà di lottare contro la miseria grazie al successo delle sue opere. E riuscirà presto a dare a sua sorella un assegno annuale. Non solo. Riuscirà a ricomprarsi anche la casa natale che era stato costretto a vendere. Un altro esempio della bontà del maestro arriva da un ritratto che ne fa il grande compositore russo Igor Stravinskij: “Quando mi presi il tifo e mi misi a letto, Puccini fu una delle prime persone che venne a farmi visita (a differenza di qualche amico che per paura del contagio non si era fatto vedere). Era un uomo affettuoso, un gentleman affabile e democratico”.
5. Un dandy elegante e buongustaio
Sempre Stravinskij racconta: “A una rappresentazione di Petrouschka a Parigi fui presentato a Giacomo Puccini. Puccini, uomo imponente e di bell’aspetto anche se un po’ troppo dandy, fu subito molto cortese con me”. L’origine toscana di Puccini lo rese amante del buon cibo. Secondo diverse testimonianze mangiava di tutto, non solo la selvaggina che si procurava con la caccia. Amava soprattutto i cibi della sua terra, tra cui i fagioli tanto da mandare al suo amico ed editore Giulio Ricordi una ricetta specificando di aggiungere alcuni ingredienti come foglie di salvia o teste d’aglio.
6. Cacciatore di uccelli selvatici, libretti d’opera e belle donne
Puccini stesso amava definirsi “un cacciatore potente di uccelli selvatici, libretti d’opera e belle donne” per riassumere le sue principali passioni. In realtà, pur avendo avuto molte avventure sentimentali, Puccini rimase sempre legato alla sua Elvira, da cui ebbe l’unico figlio: Antonio. Era una donna sposata con un commerciante che nel nel 1886 abbandonò il marito per lui. Solamente nel 1904, dopo la morte del marito, i due poterono legalizzare la loro convivenza e legittimare il figlio Antonio, che aveva già compiuto i 17 anni. Dopo la nascita del figlio Puccini, per proteggere Elvira dal chiacchiericcio (all’epoca i figli fuori dal matrimonio erano sicuramente oggetto di polemiche), decise di andare a vivere a Monza.
7. Un simpatico “toscanaccio”
Puccini era sicuramente un uomo simpatico e con un forte senso dell’umorismo. Tra i suoi amici troviamo persone di ogni rango: colleghi, artisti, nobili, negozianti, preti e proprietari terrieri. Era abituato a scrivere lettere in rima e, da toscano verace, era anche solito aggiungere qualche parola un po’ scurrile. Così in una lettera a uno dei suoi librettisti, Giuseppe Giacosa, durante la composizione di Tosca: “Vien con me! Voglio portarti colle mie braccia con forze arcane fino a Cirié (in Piemonte)… sino alla morte inver baciarti voglio i piè …. amo la donna grassa per suo dedrè”.
8. Le filastrocche “senza senso” per i librettisti
Di rime divertenti inviate ai suoi librettisti, Luigi Illica e Giuseppe Giacosa, ne sono rimaste tantissime. Vere e proprie filastrocche senza un significato apparente. Un modo in realtà per suggerire la metrica, la scansione ritmica, che voleva che usassero nei versi. Così scriveva a Giacosa per spronarlo a trovare una soluzione nel finale di Bohème: “Ti rammento l’atto quarto perché io presto me ne parto. Cerca, trova taglia inverti che tu re sei fra gli esperti. Ti ricordi di ridurre la scenetta in cima all’atto? Quando tutto sarà fatto gran sospiro emettere! Ma la morte di Mimì solo tu puoi preparar. Poi con quattro do re mi lancerei la barca in mar!”.
9. Una grande apertura intellettuale
Puccini aveva anche una grande apertura intellettuale. Stravinskij: “Aveva detto a un amico e ad altri che la mia musica era orribile ma, nello stesso tempo, piena di talento”. Così Arnold Schoenberg: “Ebbi sì l’onore che Puccini affrontò un viaggio di sei ore (da Lucca a Firenze), per conoscere la mia composizione (il Pierrot Lunaire) e mi disse in seguito molte cose amichevoli. E’ stato bello, anche se la mia musica doveva essergli rimasta estranea”.
10. La gratitudine a Toscanini
Infine era una persona che sapeva essere grata, come dimostrano le parole che scrisse ad Arturo Toscanini dopo che aveva diretto una recita di Manon alla Scala nel 1923: “Tu mi hai dato la più grande soddisfazione della mia vita! La tua interpretazione è al di sopra di quanto io pensai … Proprio ho sentito iersera tutta l’anima tua grande e l’amore per il tuo vecchio amico e compagno delle prime armi. Io sono felice perché tu hai, sopra tutti, saputo comprendere tutto il mio spirito giovane e appassionato di trent’anni fa. Grazie dal profondo del cuore”.
(https://tg24.sky.it/intrattenimento/2019/12/06/tosca-opera-prima-della-scala.html)
All’uomo apparteneva la volontà, il desiderio, la passione, il coraggio di esserci o di sottrarsi, la debolezza di fronte allo scoraggiamento, la ricerca di sé, degli amici, questa ricerca della melodia, una melodia che comunicava l’universalità, il sempre eterno e vivo ‘sentimentalismo’ dell’uomo e dell’artista, quella tensione del cuore che dice a gran voce: ‘Nessun dorma!‘