Con in mano uno storto tizzone di Kentucky, mi appresto ad assaporare un calice d’anice, la più “mediterranea” delle bevande, diffusa dalla Spagna fino al Medio Oriente. Ma nel mio bicchiere, il profumato liquore color nebbia allungato con acqua, non parla il francese marsigliese di un pastis. Parla marchigiano, perché si tratta dell’ottimo Anice della Distilleria Varnelli, un vero cult e dalla lunga storia, iniziata nel 1868 con Girolamo Varnelli, erborista dei Monti Sibillini.
Dopo aver intrapreso la produzione di liquori e bevande ricavate dalle piante, Girolamo mise a punto in primis la ricetta di un amaro “benefico” contro le febbri malariche dei pastori. Si trattava dell’Amaro Sibilla, un decotto di erbe e radici, creato sulla base della più antica tradizione monastica benedettina.
Ma fu il figlio Antonio che proseguì la ricerca, dando vita al prodotto immagine dell’azienda, il Mistrà della Varnelli, o più semplicemente Varnelli, fiore all’occhiello della distilleria. In seguito Girolamo Junior, nipote del capostipite, si prodigò per la distribuzione e vendita del liquore ad ampio raggio, in anni in cui l’anice sembrava passato di moda.
Ed arriviamo ad oggi, con la quarta generazione dei Varnelli, Gigliola Simonetta, Maria Donatella, Orietta Maria, e la madre Elda Luchini Varnelli. Grazie al loro impegno, il nome della famiglia è ora rappresentato non solo a livello locale, ma anche nazionale e mondiale.
Consigliato come correttivo del caffè, bevuto liscio è un efficace digestivo ed è ottimo sul gelato.
In acqua fredda, come lo sto bevendo io questa sera accompagnato da un Toscanello Caffè, o con succo di pompelmo o di arancia è considerato un aperitivo.
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