Il sigaro italiano per antonomasia è il “toscano”, deciso e forte, che viene fumato tagliato a metà. Il mezzo toscano dalla seconda metà dell’Ottocento a quella del Novecento riscuote un enorme successo. Molti personaggi famosi lo apprezzano, da Giuseppe Garibaldi a Mario Soldati per citare due “sigari d’autore” in commercio. Il terzo è Amedeo Modigliani. Come lui tanti pittori romagnoli mostrano questa abitudine.
Anselmo Gianfanti (Montiano 1857 – Cesena 1903) nel 1876 si iscrive all’Istituto di Belle Arti di Firenze entrando in contatto con gli artisti che frequentano il Caffè Michelangelo. Quell’anno stringe amicizia con Vittorio Corcos (Livorno 1859 – Firenze 1933), che lo ritrae nella spontaneità del momento con il mezzo-toscano acceso fra le labbra. Corcos lo seguirà a Napoli dove Gianfanti si è trasferito per studiare alla scuola verista di Domenico Morelli. Nonostante il successo di critica e i consensi che riceve, malato e in povertà rientra a Cesena dove la tubercolosi che lo affligge ne stronca la giovane vita.
La carriera artistica di Edgardo Saporetti (Bagnacavallo 1865 – Bellaria 1909) presenta alcuni punti in comune con quella di Gianfanti. Diplomato all’Accademia di Ravenna, si trasferisce anche lui a Napoli alla scuola di Morelli. Successivamente soggiorna a Roma prima di recarsi a Londra dove resterà dal 1897 e al 1902. Pittore di figura e ottimo ritrattista, Oltremanica trova fortuna e successo. In questo periodo si ritrae, non senza ironia, in abbigliamento dandy, smoking e lobbia, mentre tiene fra le labbra il meno aristocratico mezzo toscano.
Continuando con gli autoritratti, Francesco Brici (Casale San Vito 1870 – Rimini 1950), diplomato all’Accademia di Urbino, dopo il perfezionamento a Roma soggiorna a Bologna e Firenze orientandosi verso la pittura neoclassicista. Al ritorno a Rimini sostituisce Guglielmo Bilancioni come ritrattista della nuova borghesia e dei notabili locali. È del 1924 l’autoritratto dove sembra dimenticare il pomposo lessico accademico sostituendolo con un vivace verismo.
Fortunato Teodorani (Cesena 1888-1960), allievo di Giuseppe Cassioli a Firenze, si dedica presto alla decorazione di edifici religiosi e privati a Roma, in Romagna e nelle Marche, senza trascurare la pittura da cavalletto dove eccelle. Uno dei suoi temi più celebri sono le tavole romagnole, il ciclo di sorprendenti composizioni con i tipici mangiari di Romagna Nel 1933 si ritrae indossando la cravatta repubblicana alla Lavallière, mentre fuma un mezzo toscano di quelli buoni, a giudicare dall’integrità della cenere. Una scelta da esperto confermata nell’autoritratto molto simile del 1942. Inquadratura e realizzazione tecnica in linea con la tradizione per una destinazione più familiare che destinata al mercato.
C’è poi Mino Maccari (Siena 1898 – Roma 1989), pittore, incisore, scrittore e giornalista, beffardo e polemico collaboratore de Il Selvaggio sul quale pubblica caricature, xilografie e linoleografie satiriche. Un tema che riprende nella sua pittura fatta di pennellate dense e veloci, ricca di violenti contrasti cromatici. Un’ampia selezione della sua produzione, quasi 2mila opere, fa parte della collezione della Fondazione Tito Balestra di Longiano, diretta da Flaminio Balestra. Maccari è anche uno dei 72 pittori coinvolti tra il 1949 e il 1950 da Giuseppe Verzocchi per la sua raccolta di quadri dedicati al lavoro, oggi in esposizione a Palazzo Romagnoli a Forlì. La commessa prevede anche l’autoritratto grafico dell’autore, nel suo caso di profilo con l’immancabile mezzo toscano tra le labbra.
(fonte e ispirazione: https://www.corriereromagna.it/quel-mezzo-toscano-dei-pittori-romagnoli/)